Nullità dei contratti derivati IRS
Nullità dei contratti derivati IRS
La Prima Sezione della Corte d’Appello di Milano, con la sentenza n. 659/2021, uniformandosi a quanto già stabilito dalla Corte di Cassazione (sentenza SS.UU. n. 13905/2013 e n. 7776/2014), ha confermato, in materia di nullità dei contratti derivati IRS, il principio di diritto secondo cui “il diritto di recesso trova applicazione sia ai contratti stipulati in esecuzione di un contratto di collocamento in senso stretto che a tutti gli altri contratti di vendita di strumenti finanziari conclusi nell’ambito di un “servizio d’investimento”, compreso il caso di negoziazione per conto proprio“.
La detta Corte ha altresì precisato che “i contratti swap perseguono interessi meritevoli di tutela solo quando sussista un accordo tra l’intermediario e l’investitore sulla misura dell’alea, da calcolarsi secondo criteri riconosciuti ed oggettivamente condivisi“.
Il caso in esame
Una società di capitali stipula con una banca un contratto di mutuo pattuendo un tasso di interesse variabile Euribor 6M.
Contestualmente alla conclusione del detto contratto si verifica un progressivo calo del tasso Euribor.
La Banca propone pertanto alla società cliente la stipulazione di un distinto contratto (derivato IRS) con il quale l’interesse variabile Euribor pattuito con il mutuo (pressoché azzerato dal mercato finanziario) viene di fatto sostituito dall’interesse fisso previsto nel derivato (5,58%). Conseguentemente la società cliente si trova per anni a pagare, sul capitale di mutuo, un interesse fisso molto maggiore rispetto a quello variabile pattuito con il contratto di mutuo.
Al momento della stipula del derivato IRS, Il valore del contratto (il c.d. “Mark to market”) è negativo e gli elementi costitutivi del relativo rapporto e del rischio proprio di esso non vengono idoneamente ed adeguatamente resi noti al cliente né detta negatività è compensata dal riconoscimento di un corrispettivo atto a neutralizzarla (il c.d. “up front”).
La sentenza del giudizio di 1° grado
La società di capitali citava pertanto in giudizio la Banca fornitrice dello strumento finanziario in questione (derivato IRS) chiedendo che il Tribunale accertasse e dichiarasse la nullità o l’annullabilità del citato contratto di derivato IRS, tra l’altro:
– Per relativa sottoscrizione fuori dai locali commerciali senza corrispondete previsione del diritto di recesso in violazione dell’art. 30 commi 6 e 7 del TUF.
– Per mancanza dell’oggetto non essendo indicato né l’up front né la barriere soglia del tasso parametro.
– Per violazione della Banca degli obblighi di condotta e di quelli informativi;
– Per mancanza di causa.
Con conseguente condanna della Banca alla restituzione di tutte le somme versate illegittimamente dalla data di sottoscrizione del derivato oltre interessi.
Il Tribunale emetteva sentenza di rigetto delle domande attrici giudicando:
1) infondata la domanda di nullità per violazione delle norme sul diritto di recesso. Tale facoltà (ex art. 56 quater del D.L. 69/2013, qualificato dal Tribunale come “norma di interpretazione autentica“) si applicherebbe, secondo il detto Tribunale, solamente alle offerte fuori sede relative al servizio di collocamento di strumenti di nuova emissione. Con esclusione quindi dei servizi di negoziazione e dei contratti di derivati IRS.
2) di rigettare la domanda di nullità per mancanza dell’oggetto in quanto oggetto del contratto di derivato in questione sarebbero “i flussi finanziari e non le commissioni di up front“.
3) infondate le contestazioni dell’attrice sulla lesione al dovere – diritto di informazione in quanto la normativa CONSOB sarebbe incentrata specificamente solo sulla raccolta del profilo finanziario del cliente e non sull’obbligo di informazione relativo alla specifica operazione.
4) da rigettarsi la domanda di nullità per mancanza di causa per l’idoneità del derivato IRS stipulato ad assicurare una copertura per l’aumento del tasso variabile sul mutuo.
La sentenza del giudizio d’appello
La società attrice proponeva appello avverso la sentenza di primo grado e ne otteneva la riforma totale.
Nel dettaglio la Corte d’Appello di Milano riteneva fondato il primo motivo di appello negando, in conformità a quanto stabilito dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, la pretesa “natura di norma interpretativa” della citata norma di cui all’art. 56 quater del D.L. 69/2013 e confermando quindi il principio secondo cui il diritto di recesso, previsto dal ciato art. 30 del TUF, si applica a tutti gli strumenti finanziari, nessuno escluso e senza alcuna limitazione.
La Corte Milanese, pur ritenendo assorbiti i restanti motivi d’Appello, si esprimeva in favore dell’Appellante anche in relazione alla nullità del contratto in questione “per mancanza di meritevolezza” ex art. 1322 c.c.; stabiliva infatti che i contratti derivati sono meritevoli di tutela solo quando sussista un accordo tra l’intermediario e l’investitore sulla misura dell’alea da valutarsi secondo metodi riconoscibili, riconosciuti ed oggettivamente condivisi. Tali accordi non devono limitarsi alla stima del valore effettivo del contratto (il c.d. “Mark to market”) ma devono investire gli scenari probabilistici che ineriscono alla alla valutazione oggettiva della consistenza dell’alea allo scopo di ridurlo al minimo e di rendere consapevole l’investitore di ogni aspetto di aleatorietà tenuto conto della complessità degli strumenti finanziari di cui trattasi nonché delle elevate conoscenze tecniche necessarie ai fini della efficace comprensione degli stessi.